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martedì 27 novembre 2012

CHIUDE ILVA DI TARANTO: SCIOPERO E TENSIONE

Dell'ILVA di Taranto già ci eravamo occupati in passato
il 30 luglio
il 18 agosto
e il 23 agosto

La situazione è evoluta fino all'epilogo di stamattina

Dalla lettura delle nostre iniziali prese di posizione, che confermiamo al cento per cento anche alla luce dei più recenti avvenimenti, potrete constatare che, come suol dirsi, avevamo (amaramente) ragione e ci avevamo visto giusto. Purtroppo, anche per il fatto che come AGL siamo nati a giugno, non abbiamo avuto la possibilità di essere presenti, in loco e di parlare direttamente ai lavoratori coinvolti i quali, da anni (ma sembra l'abbia fatto pure l'azienda) si sono costantemente e massicciamente rivolti a CGIL, CISL, UIL. Altri sindacati minori si sono fatti sentire ma ciò non ha spostato il baricentro della strategia del movimento di protesta. I risultati sono stati quindi quelli che conoscete. Delusione e disperazione dei lavoratori. Sindacati che non sanno che pesci prendere. Governo (e istituzioni) completamente rintronati, ai massimi livelli.
Giovedì prossimo è previsto un incontro tra governo, azienda e parti sociali che dovrebbe sfociare in un provvedimento d'urgenza i cui contenuti, allo stato, non è dato conoscere ma che sappiamo già non sarà risolutivo ma solo interlocutorio.
Noi non saremo a quell'incontro ma riteniamo utile, per l'ennesima volta, a futura memoria, ribadire e specificare il nostro punto di vista, radicalmente alternativo a quello degli altri sindacati.
Speriamo di essere chiari, una volta per tutte.
Produrre acciaio , anche senza inquinare, in Italia NON è “strategico”.Non porterebbe da nessuna parte né aumentare le tasse né richiedere prestiti alla collettività per effettuare investimenti che tutti concordano essere dell'entità di miliardi di euro, sia che vengano gestiti dal soggetto pubblico né, men che meno ,dal soggetto privato. Anche se è stato praticato da altri paesi industrializzati di recente (ad esempio il governo USA con la Chrysler ) il concetto di “salvataggio” dell'industria da parte dello Stato con soldi pubblici è sbagliato perchè di corto respiro, oltre che insostenibile in epoca di enorme debito pubblico. E poi gli USA e gli altri paesi industrializzati sono una cosa, il cosiddetto “sistema” Italia è un'altra, con caratteristiche sue peculiari. In esso è evidente che ancora sono in vita (per poco) aziende in crisi che non dovrebbero più esistere. Ad esempio le acciaierie italiane non sono e non potranno essere più competitive nel mondo. Già certi processi sono in corso e sorprende che dal mondo accademico, cui l'attuale governo è così legato, nessuno faccia presente che tra dieci anni l'acciaio, nel mondo, sarà prodotto, a costi per noi insostenibili, da polacchi, cinesi, indiani, sudamericani. Si tratta di produzioni a basso valore aggiunto che troveranno contesti paese più adatti alla loro produzione, rispetto alle caratteristiche dell'Italia. Per l'acciaio l'Europa Occidentale è finita, non ha futuro. Il problema di fronte alle classi dirigenti del nostro continente è investire in attività e imprese che abbiano un futuro. Le aziende che lo hanno sono quelle che producono autonomamente utili, che riescano a mantenersi sul mercato, non quelle che campano di sussidi pubblici. Questo quadro è peggiorato, in Italia, dall'incapacità dei sindacati di pretendere e ottenere aumenti salariali derivanti dalla eventuale riduzione di imposte e contributi. Questi sindacati sono infatti sotto il ricatto e il potere di una pubblica amministrazione mastodontica che vuole ingrassare sempre di più, senza dare servizi decenti e che dà da mangiare a partiti e agli stessi sindacati. Tutto ciò rende non più competitivo il costo del lavoro italiano. Oltre all'acciaio, analogo discorso può essere fatto per il carbone e per la situazione sarda. Le strade che si stanno percorrendo non porteranno a nulla se non a maggiori illusioni e caos. Potevamo arrivarci con più calma e organizzazione. Le classi dirigenti sono state miopi e ora per salvarci dovremo fare in fretta, molto in fretta. Taglio di rami inutili della pubblica amministrazione, mobilità guidata e veloce del personale tra amministrazioni esaurite e quelle che abbiano una prospettiva per evitare licenziamenti, utilizzo massiccio delle zone franche fiscali per promuovere sviluppo, investimento per lo più in turismo e cultura. Questa l'unica via d'uscita, per Taranto e per la Sardegna, dicendo addio all'ILVA e alle miniere. Ma ciò vale in generale per l'Italia e per situazioni analoghe sul territorio. Basta con l'auto a benzina, si parta subito con l'elettrico e con i mezzi di trasporto pubblico. Se FIAT vuole starci bene, altrimenti scindere i destini del nostro Paese da quelli di questa azienda. Come altri hanno detto, ci sono circa due miliardi di persone, dalla Cina e dall'India che già vorrebbero venire a visitare l'Italia ma che non possono farlo per la nostra disorganizzazione nel settore turismo e cultura (ad esempio il nostro patrimonio artistico non è catalogato e digitalizzato) . L'Italia ha i cervelli e gli imprenditori per poter realizzare ciò. Monti li metta in condizione di lavorare. Quando si sostiene che nessun paese al mondo ha una economia che funziona senza la presenza dell'industria, si dimentica di dire che quelle dell'acciaio e quella del carbone sono solo due dei tipi di industria. La divisione del lavoro internazionale sta cambiando, quei tipi di industria che abbiamo avuto nel passato tra poco emigreranno verso paesi nei quali le condizioni per ospitarle sono più adeguate. L'Italia deve avere l'industria ma non di quel tipo. Turismo e Cultura possono procurare, se sviluppati e organizzati, anche più posti di lavoro della decadente industria pesante italiana. L'Italia, altri hanno detto, e a ragione, potrebbe essere per l'Europa quello che la Florida è per gli Stati Uniti, con una qualità della vita incomparabilmente migliore. Capiamo che imprenditori che hanno campato di aiuti statali finora e sindacati che hanno vissuto di trattenute sindacali di lavoratori dipendenti di fabbriche di massa possano essere a disagio in conseguenza di questi cambiamenti. Ma il problema è capire se l'interesse del Paese coincida con loro o con altre esigenze della popolazione. Ovviamente, nel mezzo, ci sono altri casi in cui una produzione (stiamo parlando dei nostri settori di eccellenza) ha senso che rimanga in Italia ma è necessaria una ristrutturazione relativa a caratteristiche organizzative che diminuiscono la competitività. Ma è finito il tempo di sprecare e buttare soldi pubblici. In Italia dobbiamo avere il coraggio di far fallire imprese decotte e superate e di favorire il ricambio ad opera di soggetti più dinamici che creino profitti e posti di lavoro, stimolando la raccolta di capitali dai privati , facilitata dalla detassazione degli investimenti. .
Sorprende che nessun sindacato italiano oltre al nostro abbia il coraggio di sostenere queste cose.
In bocca al lupo agli operai dell'ILVA e dell'indotto, siamo e saremo con loro indipendentemente dal fatto che siano d'accordo o meno con quanto da noi proposto.

martedì 9 ottobre 2012

MARINA MILITARE: CHAMPAGNE ALL'AMMIRAGLIO, MILITARI COSTRETTI A FARE I CAMERIERI

Incredibile, leggete questo articolo:
http://italia.panorama.it/cronaca/Champagne-e-mandorle-tostate-Un-ammiraglio-privatizza-la-Marina
E' la punta di un iceberg? Occorre che chi ha il dovere di farlo se ne accerti.E' necessario che anche in questo settore si individuino e colpiscano persone e comportamenti, nell'interesse nostro e delle persone per bene (la maggioranza) che operano nella Difesa.Facendo pulizia, anche duramente.
E' ovviamente anche l'occasione per riconsiderare se effettivamente nel nostro Paese esista un equilibrio accettabile tra necessità della società civile e spese derivanti dallo strumento militare.E' più importante un nuovo caccia o un ospedale, una caserma o una scuola, la ricerca per un nuovo missile o quella per una nuova cura medica, utilizzare militari per missioni all'estero o per supportare la protezione civile? Siamo ad inizio autunno, stagione di piogge, alluvioni e frane. Ricordiamoci dell'esigenza di risanare il territorio e di salvaguardarlo.L'apporto dei militari, uomini e mezzi, potrebbe essere decisivo per iniziare a risolvere annosi problemi a un costo sostenibile.

venerdì 21 settembre 2012

AMIANTO QUESTIONE IRRISOLTA. E NESSUNO SE NE OCCUPA PIU'

LA MAPPA DELL'AMIANTO IN ITALIA



Incredibile a dirsi ma ancora in Italia quella dell'amianto è una questione irrisolta e, per di più, lontana dai riflettori. Il problema è tanto più grave nelle regioni (qui sopra ve ne forniamo la mappa) in cui stata è consistente in passato la presenza di aziende che ne facevano utilizzo. Tale rischio permane alto, in ragione della considerevole presenza e diffusione in quantità pericolose nei luoghi di lavoro e nelle lavorazioni, nelle abitazioni e nelle strutture pubbliche e private. Una realtà rimossa dalle istituzioni, spesso sconosciuta e sottovalutata dagli stessi cittadini non informati adeguatamente .La legge 257/92 , oltre a vietare l'uso dell'amianto e ad imporne lo smaltimento, delegava alle Regioni la definizione dei piani di bonifica e la loro realizzazione. In maniera scandalosa le previsioni di tutela previdenziale della legge sono state artatamente depotenziate ,privando i lavoratori esposti del beneficio dell'uscita anticipata dal mondo del lavoro. E' urgentissimo riprendere sul territorio l'opera di rimozione e smaltimento dell'amianto, vigilando in modo diffuso per verificare che ciò avvenga una volta per tutte. Occorre sensibilizzare, informare e prevenire il rischio amianto, verificare l'applicazione delle leggi con il monitoraggio della situazione attuale e soprattutto riproporre l'effettiva tutela dal punto di vista sanitario di coloro che in passato sono stati inconsapevolmente soggetti alle conseguenze devastanti dell'esposizione professionale, della manipolazione, dell'uso e dell'inalazione dell'amianto e di quanti lo sono tuttora.

venerdì 14 settembre 2012

REGIONE PUGLIA: AGEVOLAZIONI ALLE PICCOLE IMPRESE

Dallo scorso 10 settembre è possibile presentare istanza per accedere alle agevolazioni regionali previste, nell’ambito del Programma Operativo 2007-2013, dal nuovo bando P.I.A. (Progetti Integrati di Agevolazione) per le piccole imprese . Tali incentivi sono finalizzati alla valorizzazione del tessuto produttivo pugliese, attraverso il sostenimento di programmi di ricerca e di investimento, con contributi a fondo perduto fino al 75% della spesa prevista.Possono presentare domanda per le agevolazioni le piccole imprese attive che, alla data di invio della richiesta, abbiano già approvato almeno tre bilanci, che abbiano registrato nei tre esercizi precedenti un fatturato medio non inferiore a 2,5 milioni di euro e che abbiano registrato, nei 12 mesi antecedenti la presentazione della domanda , una media occupazionale di almeno 15 unità.
I progetti industriali possono riguardare, investimenti in opere murarie ed acquisto di attrezzature, ed inoltre spese di ricerca, servizi di consulenza e investimenti per lo sviluppo dell'e-business.
Il programma di investimento dovra' prevedere una spesa minima pari ad un
milione di Euro.

mercoledì 5 settembre 2012

AMMORTIZZATORI SOCIALI IN DEROGA NEL SETTORE PESCA

Riportiamo, per opportuna conoscenza dei lavoratori del settore, ampio stralcio del testo dell'accordo sottoscritto al Ministero del Lavoro il 7 agosto scorso per l'accesso anche nel settore Pesca agli ammortizzatori sociali in deroga:

""""""""""(...)
VISTO

I'accordo governativo del 17.07.12 con il quale si è disposta l'assegnazione della somma

complessiva di 30 milioni di euro finalizzati alla Cassa Integrazione Guadagni in deroga per il

"Settore pesca".

VISTE

le successive istanze pervenute dalle Parti sociali presenti all'odiema riunione finalizzate alla

sottoscrizione del citato accordo.

VISTA

la legge del 12.11.2011, n.183,che all'art. 33, comma 21, prevede la concessione, per periodi non superiori a 12 mesi, in deroga alla normativa vigente, di trattamenti di cassa integrazione guadagni, di mobilità e di disoccupazione speciale, anche con riferimento a settori produttivi ed aree regionali.

TUTTO CIO'VISTO,

le Parti raggiungono la seguente intesa.

1)Il presente accordo in sede governativa dispone l'assegnazione, a valere sulle risorse

destinate agli ammortizzatori sociali in deroga per l'annualità 2012, della somma

complessiva di 30 milioni di Euro finalizzati alla Cassa Integrazione Guadagni in deroga per

il "Settore pesca", per l'anno 2012 e, comunque, sino ad esaurimento delle risorse assegnate,

anche tenuto conto delle istanze ad oggi giacenti e riferite alle annualità pregresse.

2)La CIG è erogata secondo le disposizioni in materia al personale imbarcato, dipendente e

socio lavoratore di cui alla L. 142/2001 delle Imprese di pesca interessate dallo stato di crisi

che ha investito il settore, e che benefici di un sistema retributivo con minimo monetario

garantito.

3)Il trattamento di integrazione salariale è riconosciuto in tutte le situazioni di crisi del settore,

anche collegate ai periodi di fermo biologico, in cui si renda necessario sospendere l'attività

lavorativa per cause non imputabili al datore di lavoro.

4)L'accesso alle misure di sostegno al reddito di cui al presente verbale potrà avvenire sulla

base di specifici accordi, comprensivi degli elenchi nominativi dei lavoratori beneficiari,

sottoscritti dalle Parti sociali presso le Istituzioni territoriali competenti a livello di una o più

marinerie e di successive istanze da presentare agli Uffici Inps competenti per territorio

entro e non oltre la data del I 5.01. 2013 .

5)L'INPS viene incaricato dell'ammissione ai trattamenti e dell'erogazione, nei limiti delle

risorse assegnate, delle prestazioni di CIG, sulla base del presente accordo, provvedendo,

inoltre al monitoraggio a livello centrale delle prestazioni erogate dalle Sedi periferiche.

6)Le Parti concordano, al fine di facilitare il monitoraggio di cui al punto precedente, di

ricorrere - per l'annualità 2012 - al pagamento diretto da parte dell'INPS dei trattamenti di

sostegno al reddito.(...)”””””””””

giovedì 23 agosto 2012

MINISTRO CLINI, SECONDO LEI LA VITA DEGLI OPERAI DELL'ILVA E DEI TARANTINI VALE MENO DI QUELLA DEI PORNOATTORI AMERICANI?

(fotomontaggio satirico intitolato "Orgia di potere" apparso sull'account Facebook della Lega Nord e circolante su Internet)


Emergenza sifilide in California, si ferma l'industria del porno: a rischio migliaia di attori del settore


In California la diffusione della sifilide sembra aver assunto proporzioni rilevanti e così c’è un settore che è entrato in crisi. Si tratta dell’industria del porno che è stata costretta a fermarsi per fare luce sui preoccupanti focolai di infezione rilevati nelle ultime settimane.

Oltre mille attori porno a rischio - Oltre mille attori porno che lavorano nell'area della San Fernando Valley e di Los Angeles, culla e capitale dell'industria pornografica americana, saranno sottoposti a controlli. E finché questi non saranno terminati e non sarà stato delineato un quadro chiaro della situazione sanitaria è stato deciso di bloccare ogni produzione.

Molte le persone del settore risultate positive - A chiedere lo stop è stato l'ente che si occupa dell'assistenza sanitaria dei porno-attori, la Adult Production Health and Safety Services, visto il numero crescente di casi di persone, molte del settore, risultate positive ai test per rilevare la sifilide.

22 agosto 2012

Redazione Tiscali

Ilva: Clini, "Blocco avrebbe effetti sociali drammatici"



19:35 20 AGO 2012
(AGI) - Rimini, 20 ago. - Difendere l'ambiente non vuol dire bloccare lo stabilimento dell'Ilva di Taranto anche perche' questo aprirebbe la strada a "fenomeni sociali che sarebbero drammatici". E' quanto ha affermato il ministro dell'Ambiente, Corrado Clini, intervenendo al Meeting di Comunione e Liberazione in corso a Rimini.
Il ministro ha sottolineato che "difendere l'ambiente vuol dire difenderlo facendo e non bloccando. Difendere bloccando vuol dire bloccare lo sviluppo del Paese e aprire la strada a fenomeni sociali che sarebbero drammatici". Stamane, Clini aveva confermato che le procedure per la concessione della nuova autorizzazione integrata ambientale (Aia) allo stabilimento Ilva di Taranto si chiuderanno entro il 30 settembre. "Va avanti il programma di lavoro, il 30 settembre finiamo - ha assicurato Clini - e a meta' dello stesso mese andremo a Taranto per verificare lo stato dell'arte".
Secondo Clini, "La strada indicata dal Tribunale del Riesame e' convergente con quella indicata dal Governo: lavoriamo nella stessa direzione, ora spetta all'Ilva investire". E riguardo alle presunte morti legate alle attivita' dell'acciaieria Ilva di Taranto, Clini ribadisce che il fenomeno si ferma "investendo nello sviluppo tecnologico e non lasciando il deserto". E lo stesso Clini ha fatto presente che in queste settimane lui personalmente e il governo stanno vivendo momenti di "angoscia". "Dobbiamo confrontarci - ha detto - con chi alza il cartello del numero dei morti. Lo sappiamo. Ma quella tragedia si ferma investendo nello sviluppo tecnologico e non lasciando il deserto".
Per il responsabile Ambiente del Partito Democratico, Stella Bianchi "Le motivazioni della decisione del riesame sull'Ilva indicano la possibilita che la necessaria azione di risanamento e bonifica dell'impianto industriale di Taranto possano svolgersi senza pregiudicare il funzionamento dell'impianto". "Il blocco dell'impianto avrebbe ricadute di estrema gravita sull'occupazione e sull'attivita dell'intera siderurgia italiana - prosegue l'esponente dei democratici - Siamo convinti che il diritto alla salute e all'integrita' ambientale debbano essere coniugate con la tutela del lavoro e dell'attivita' produttiva. Va quindi perseguita ogni strada che consenta di procedere in modo rapido, certo e misurabile alla riduzione delle emissioni inquinanti e alla bonifica mantenendo per quanto possibile il funzionamento dell'impianto".
Per il presidente del Senatori dell'Italia dei Valori, FeliceBelisario, "I magistrati di Taranto sono stati ingiustamente attaccati dal Governo solo per aver fatto il proprio lavoro, ma fino ad oggi hanno dimostrato di essere gli unici ad avere a cuore la salute degli operai tarantini nel rispetto dei posti di lavoro. Mentre a Taranto sfilavano in passerella i ministri e le forze politiche della sgangherata maggioranza facevano a gara per incensare Il Governo e i padroni dell'Ilva,la magistratura tarantina ha retto lo scontro tenendo la schiena dritta".

sabato 18 agosto 2012

APPELLO PUBBLICO DELL'AGL AI SEGRETARI GENERALI DI PDL (ALFANO) E PD (BERSANI) SUI FINANZIANENTI RICEVUTI DAL PATRON DELL'ILVA DI TARANTO


Caro Angelino, caro Pierluigi,
è con profondo stupore che abbiamo letto la notizia (fonte Antonio Di Pietro , ripresa da Beppe Grillo) in base alla quale, pur nel rigoroso rispetto di tutte le norme di legge in materia, risulterebbe che il Patron dell'ILVA abbia finanziato a suo tempo il PDL per 245 mila euro e la persona di Bersani con altri 98.000 euro.
Vi preghiamo innanzitutto di confermare o smentire o correggere tale notizia, ognuno per la parte che a lui riguarda.
Nel caso malaugurato che la notizia fosse fondata, nel non mettere assolutamente in dubbio la buona fede di entrambi, riteniamo che sarebbe opportuno trovare la maniera, pubblica e trasparente, affinchè quelle somme di denaro venissero girate non già al Dott. Riva quanto agli operai dell'ILVA così duramente colpiti dalle ultime vicende, a parziale lenimento delle loro sofferenze.
Ci rendiamo conto di quanto sia difficile il vostro lavoro e crediamo sinceramente che voi sarete i protagonisti della politica italiana dei prossimi anni.Proprio per questo è bene che entrambi vi mettiate nelle condizioni di poter guardare serenamente negli occhi coloro, incolpevoli, ai quali chiederete di sostenere le difficili scelte che comunque sarà vostro compito indicare.
Certi di un vostro positivo riscontro, vi salutiamo cordialmente.
Roberto Fasciani (Segretario Generale dell'AGL).

lunedì 30 luglio 2012

ILVA DI TARANTO: MORIRE AVVELENATI, MORIRE DI FAME DISOCCUPATI O EMIGRARE?



Innanzitutto piena solidarietà ai tarantini, sia a quelli che lavorano all'ILVA o nell'indotto sia a quelli che non ci lavorano. Non è colpa loro se si è arrivati a questo punto. Si accusa la politica. Giusto. Il servilismo durante questi anni nei confronti della famiglia Riva è sotto gli occhi di tutti. Ma cosa ha fatto la Magistratura dal 1961 in poi? Grazie quindi anche al GIP Todisco (ai PM e alle Forze dell'Ordine che li hanno coadiuvati) per aver fatto, finalmente, per conto dello Stato, il proprio dovere.
Dei ritardi della politica abbiamo già accennato. Quella nazionale, quella regionale pugliese, quella tarantina. Ma neanche i Sindacati storici (nazionali e locali) possono dire di avere la coscienza a posto. E si vede dai comunicati impauriti che stanno diramando in queste ore. Capiscono che la gente è esasperata e che la situazione può sfuggire loro di mano. Sicuramente singoli dirigenti avranno denunciato, lanciato allarmi. Ma è evidente che in questi decenni la "ragion di stato" sindacale abbia prevalso. Si sostengono i lavoratori tout court e si spera nel Tribunale del riesame. E' evidente che 12000 operai imbestialiti , a stento guidati dai loro delegati sindacali, non riprendono il lavoro così tranquillamente dopo aver quasi posto in stato di assedio una città, se non hanno, seppur riservatamente, avuto precise rassicurazioni dai soggetti istituzionali che, si sa, in questi casi, remano abbastanza in sintonia tra loro. E non è neppure un caso se i tecnici che avrebbero dovuto avviare le operazioni di spegnimento che durerebbero 2 mesi neppure abbiano messo il naso fuori dai loro laboratori.
Siamo italiani e queste cose, da sempre, le capiamo al volo.
Quindi facciamo un passo in avanti, qualche considerazione sull'immediato futuro.Innanzitutto: l'ILVA è uno stabilimento essenziale per l'economia italiana ma è tecnicamente ormai superato e alla fine del suo ciclo utile.Risponde a una logica antica, di sfruttamento indiscriminato del territorio e di disprezzo per la salute a vantaggio del profitto.Non ce ne siamo accorti ma il modello tarantino è quello oggi imperante in quelle realtà del mondo appena sviluppato in cui si sacrifica tutto alla minimizzazione del costo del lavoro (ricordate quando si parlò di quella fabbrica cinese, detta "dei suicidi" in cui una multinazionale occidentale aveva, con grandi profitti, delocalizzato una sua produzione?). Come capita di frequente accusiamo società che si trovano a migliaia di km. da noi di comportamenti che attuiamo nel cortile di casa nostra e, per di più, con nostri connazionali.
Parliamoci chiaro e non cerchiamo di diluire le responsabilità e di buttarla in politica. Qui occorre non fermarsi agli arresti domiciliari dei proprietari ma assicurarsi che presto tutto il loro patrimonio , in Italia e all'estero ,sia quello personale che quello celato nelle casse della società ILVA, venga destinato alla popolazione tarantina (lavoratori e cittadini) per iniziare a lenire i danni (a volte irreversibili) procurati da questa famiglia. Non sta a noi indicare le soluzioni tecnico-giuridiche per realizzare ciò ma alla politica nazionale innanzitutto (la riforma elettorale può aspettare un pò)perchè questo si configura come un disastro doloso di proporzioni nazionali da punire esemplarmente.
Diciamo poi un'altra cosa chiara: l'accordo raggiunto tra governo, parti sociali e enti locali sulla bonifica e il risanamento è solo fumo negli occhi, un inganno, per gli operai e per i cittadini di Taranto.I soldi di cui si parla (336 milioni di euro non ancora tutti a disposizione più altri 100 promessi dalla Regione Puglia) non sono soldi legati a interventi ex novo dopo il disastro ma denaro occorrente per onorare impegni e accordi presi prima e sui quali, a questo punto, relativamente all'effettiva incisività, è lecito avanzare pesanti dubbi. E poi sono pochi: a Porto Marghera, per un intervento analogo, si stanno investendo 5 miliardi di euro. Meglio a questo punto che in blocco tutti questi soldi vengano subito riversati sugli operai dell'ILVA e dell'indotto (almeno saremo sicuri della loro corretta destinazione) per i quali si prospetta un lungo periodo di difficoltà che a stento potrà essere fronteggiato con i soli ammortizzatori sociali.Perchè diciamoci la verità: lo stabilimento ILVA mai e poi mai potrà essere compatibile con la città di Taranto. Facciamocene una ragione. Comprendiamo che ormai lo scandalo ha raggiunto un livello tale che è probabile che sulla questione ci metta le mani l'Onu ancor prima di occuparsi del nucleare iraniano.Tecnicamente non è possibile bonificare quel tipo di impianto senza prima spegnerlo. Non è vero che Taranto sia una città a vocazione industriale, chiedetelo ai mitilicoltori e agli allevatori che hanno dovuto chiudere i battenti.L'industria semmai dovrebbe portare sviluppo complessivo, non produrre cattedrali nel deserto per di più creato dalla stessa industria con lo sterminio degli esseri viventi. Chiudiamo l'ILVA, abbandonando illusori e antieconomici propositi di bonifica e riconversione, sosteniamo per 3-4 anni il reddito degli operai (compresi quelli dell'indotto) raccogliendo i soldi così come da noi indicato, riuniamo intorno a un tavolo i soggetti sociali tarantini, pugliesi , nazionali e internazionali e individuiamo un modello di sviluppo alternativo, con produzioni ecosostenibili, magari creando una zona franca fiscale. In 3-4 anni può avvenire il miracolo: diminuire e azzerare i morti avvelenati, sostenere questi eroici lavoratori che, come quelli della centrale di Cernobyl , hanno quasi certamente compromesso il loro futuro per assicurarne uno alle loro famiglie e alla loro regione ed evitare una ingiusta ripresa del fenomeno migratorio di tanti bravi lavoratori italiani.